Un grande bluesman bianco, un uomo dell’underground statunitense, uno sperimentatore fondamentale nella storia della musica rock. La voce inconfondibile di Tom Waits, la voce affogata nell’alcol e arrugginita dal tabacco, la voce dolce e rude, la voce in bianco e nero. Tom Waits frequenta la parte più marginale e marginalizzata della città di Los Angeles e le sue canzoni si riempiranno di queste storie. Con noi a Jailhouse Rock Renzo Ulivieri, presidente degli allenatori di calcio italiani, ha parlato degli stereotipi che esistono nel calcio e di altro ancora.
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Il 20 aprile del 1984, mentre stava provando gli impianti del Variety a Bologna, due carabinieri gli si avvicinarono. Poco dopo i tre si recarono insieme a Casalecchio di Reno, dove Vasco Rossi viveva e suonava con la sua band dentro un capannone. Il Blasco consegnò spontaneamente i ventisei grammi di cocaina in proprio possesso. Venne arrestato immediatamente e portato nella prigione di Pesaro. Per ventidue giorni abiterà la cella numero ventidue. Poco prima, là dentro si era impiccato un detenuto di origini iraniane. La prossima volta forse non si affretterà a consegnare la droga con tanta solerzia. “Certo che sei un bel fenomeno anche tu a farti prendere così!”, canterà in Cosa c’è, la canzone scritta pochi giorni dopo aver riacquistato la libertà. Con noi a Jailhouse Rock è stato Livio Ferrari, cantautore e autore insieme a Massimo Pavarini del libro No prison.
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In Jamaica, in un braccio della morte, Dennis Lobban ha trascorso tanti e tanti anni. Lui si è sempre proclamato innocente. Ma i giudici non avevano dubbi nel considerarlo il responsabile dell’omicidio di Peter Tosh, avvenuto l’11 settembre 1987 a Kingston. La sua condanna fu trasformata in carcere a vita nel 1995. In questa puntata Filippo Giunta, organizzatore del Rototom Sunsplash, il più grande festival reggae al mondo, ha raccontato ai microfoni di Jailhouse Rock la sua assurda storia: sei anni di processo con l’accusa di spingere le persone a usare droga durante il festival e infine, pochi giorni fa, l’assoluzione.
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Il rapper marocchino Mouad Belghouat – in arte el-Haqed, l’arrabbiato – ha partecipato ai moti della primavera araba. Non è un estremista. È piuttosto un democratico convinto, componente del Movimento 20 febbraio, il movimento giovanile e universitario di opposizione alla monarchia, parte attiva della primavera araba marocchina. Cantava canzoni che non sempre piacevano al regime. Durante una delle sue carcerazioni ha portato avanti uno sciopero della fame per far sapere al mondo quel che accade nelle prigioni del Marocco e per denunciare le terribili condizioni di detenzione. La notizia della sua protesta è arrivata al mondo intero grazie al fratello Abderrahim. Il cantante non poteva telefonare a nessuno, denunciava abusi da parte degli altri detenuti, soprusi da parte delle guardie. Con noi in questa puntata di Jailhouse Rock è stato Nabil Salameh dei Radiodervish, un gruppo che da sempre guarda al Mediterraneo all’incontro pacifico tra le culture che lo abitano e che ha pubblicato da pochi giorni il suo ultimo album dal titolo Café Jerusalem.
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Il 14 ottobre 1972 Joe Cocker è in tour in Australia. Viene arrestato alle dieci di mattina nella sua stanza d’albergo insieme a ben sei componenti della band con l’accusa di possesso di marijuana. La sera precedente avevano regolarmente suonato. Poche ore dopo viene rilasciato dietro il pagamento di una cauzione di mille dollari. Ma è invitato ad andarsene immediatamente dall’Australia. È persona non gradita. Lui resta. Deve ancora suonare. Le ore trascorrono. Tutti – polizia, governo, giornali, staff del cantante – fanno melina aspettando le mosse dell’avversario. Il ministro dell’Immigrazione spiega alla stampa che l’ordine di espulsione verrà eseguito con la forza. Il cantante costituisce un cattivo esempio per i giovani australiani. Il tempo passa, senza che tuttavia ciò accada. Crescono le proteste dei fan contro quello che viene indicato come un ingiusto provvedimento di deportazione. L’arresto di Joe Cocker si sta dimostrando controproducente per chi voleva stigmatizzare il suo comportamento immorale. Addirittura, si avvia il dibattito pubblico sulla legalizzazione della marijuana. Con noi a Jailhouse Rock Flavio Romani, presidente Arcigay, a parlare del nostro Atletico Diritti e delle discriminazioni nel calcio.
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Se esci dal carcere napoletano di Poggioreale e giri a destra, in pochi minuti a piedi ti ritrovi davanti a un grande parco. Nel parco c’è il cimitero di Poggioreale. Lui oggi è lì, sepolto in quel cimitero a pochi passi dal carcere. Il carcere lo ha cantato tante volte nelle sue canzoni. Aveva ventiquattro anni quando è stato trovato morto per overdose nel quartiere Barra di Napoli. A Napoli era nato, il 27 novembre del 1960. Sulla lapide della tomba di Patrizio Esposito, noto semplicemente come Patrizio, si legge questa frase: “Un grande artista è figlio di Dio. Non muore mai ... Mai più! Tu, figlio della canzone, scugnizzo della canzone. Napoli, tu cantavi, ora Napoli canta a te”. La frase è del poeta Vittorio Annona. Con noi in questa puntata di Jailhouse Rock Andrea Cassese, giovane cantautore napoletano che ha da poco pubblicato il suo disco di esordio, Oltre gli specchi, nel quale dedica la canzone L’ombra del muro al tema dei suicidi nelle carceri.
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È il 30 di ottobre del 2007. Siamo nel cuore di Manhattan, sulla Quinta Strada. Entriamo in un lussuoso appartamento al numero 965. È qui che una donna giace morta. È sdraiata sul pavimento del soggiorno a pancia in giù, in una pozza di sangue. La troveranno la figlia e un amico intorno alle dieci e trenta della sera. La donna è stata uccisa con un colpo alla testa. Era una donna nota nell’ambiente altolocato newyorkese. Tra i suoi mestieri, quello di immobiliarista delle star. Ma non solo. In passato aveva fatto anche la manager musicale. Era stata la loro manager musicale. Pochi giorni dopo il brutale omicidio, una giovane donna viene arrestata. Si chiama Natavia Lowery. È lei l’assassina. La donna che ha ucciso si chiamava Linda Stein. Natavia lavorava come assistente personale di Linda Stein. Viene condannata a oltre 27 anni di carcere. Non è questo l’unico modo in cui la band punk rock ha avuto a che fare con il carcere. Dal punk statunitense degli esordi al punk italiano degli esordi. Oggi con noi a Jailhouse Rock lo storico chitarrista dei Cccp e dei Csi, Massimo Zamboni. Con lui abbiamo parlato anche, pochi giorni dopo il 25 aprile, di Breviario partigiano, il cofanetto dei Post-Csi.
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Non certo una banda di efferati delinquenti. Simon arrestato per qualche schiamazzo durante una piccola lite con l’amata moglie, Garfunkel per un po’ di droga leggera in tasca. Uno dei più influenti gruppi del secolo scorso. I detenuti del carcere di Torino che collaborano con Jailhouse Rock ci propongono, come ogni settimana, il ritratto del duo folk statunitense. Con noi è stato Vittorio Ferraresi, parlamentare M5S, parte del gruppo di sessanta parlamentari che si è reso disponibile a ragionare sulla legalizzazione della cannabis.
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